È finita la mia quarantena. Quattordici giorni chiusa nella casa di mia sorella Sissi a Bergen, in Norvegia. È una casa al piano terra, ci si accede entrando in un giardino e scendendo degli scalini, è calda e confortevole, anche se sembra di essere in una grotta di legno. Non si sentono rumori, la strada, oltre ad essere poco trafficata, è lontana, e in tutta la mia quarantena ho visto solo una volta una vicina sbattere i cuscini dalla finestra. Per il resto del tempo ho passato quattordici giorni in una bolla isolata, avvolta da una sensazione di protezione e di illusione che fosse solo un brutto sogno.

Ho pensato spesso al film Underground di Emir Kusturica. Magari quando esco dall’isolamento scopro che è tutto finito…

Non mi era mai capitato di stare così tanto tempo da sola. I primi giorni sono stati abbastanza confusi, ero ancora in modalità viaggio. Per due mesi e mezzo ho cambiato posto ogni tre giorni, mi spostavo ed ero sottoposta a tantissimi stimoli esterni: paesaggi incantevoli, persone gentili, pianificare le attività ed il percorso, prenotare stanze, trasporti, escursioni. Poi, dopo 2 giorni, l’immobilità dell’isolamento.

Immobile, è questa la parola che credo descriva meglio la mia quarantena, immobilità fisica e mentale. Per giorni mi sono sentita disarmata di fronte a una realtà che ancora mi sembrava irreale, una situazione talmente grave che tuttora faccio fatica a metabolizzare.

Non avrei mai creduto di dover affrontare un discorso serio e reale sulle sorti della razza umana, sulla possibilità che non ci sia un futuro come lo avevamo immaginato, sul desiderio che tutto torni alla normalità, quella normalità da cui sono sempre fuggita, e che adesso rimpiango.

Nella bolla dimensionale dell’isolamento vivi le cose di rimbalzo, segui le notizie, parli con gli amici, ti raccontano di una Cagliari deserta, e quello che tutti descrivono è un silenzio assordante, surreale. Ma tu sei nella bolla e cerchi di immaginare, consapevole che la tua immaginazione non arriverà mai a farti provare quelle sensazioni. Sei isolata anche nelle emozioni.

Non sono a casa mia nella bolla, certo è casa di mia sorella e la ritrovo negli oggetti, nelle fotografie e nell’arredamento, ma non è casa mia, non è la mia città, non è il mio paese.
Sono circondata da un ambiente familiare che però non è il mio.

Ogni tanto, durante i giorni di quarantena, mi svegliavo e dovevo ricordare a me stessa dove ero: Sei in Norvegia, in quarantena, e il tuo viaggio/sogno è finito.

Non basta qualche minuto per tornare alla realtà, per cui i miei giorni sono passati in uno stato di accondiscendenza, di accettazione della situazione che stavo vivendo senza esaminarla a fondo, guardandola dall’esterno.

C’è freddo in Norvegia, il tempo cambia repentinamente tra neve, pioggia, vento e poco sole, ma non c’è mai caldo. Io ho con me solo vestiti estivi, per ora sto usando i vestiti di Sissi e del suo coinquilino, non so come farò dopo l’isolamento, quando potrò fare qualche passeggiata, per ora potrei solo organizzare un pareo party in salotto!

Mia sorella vive qua da parecchi anni, e io ho sempre saputo che non mi piacerebbe vivere qua. Prima di tutto, appunto, per il freddo, ma soprattutto per le persone, che nonostante siano tra le più civili del mondo, sono fredde, poco affettuose. Amo l’America Latina per il calore della gente, perché non ti fanno mai sentire sola, perché hanno voglia di conoscere la tua storia e di raccontarti la loro. Ecco, tutto questo nei paesi scandinavi è molto, molto difficile che ti capiti.

Ho cercato di non pensare al futuro in quei 14 giorni. Ho concentrato le mie forze sull’obiettivo di superare l’isolamento e ricongiungermi con mia sorella, ho scelto una meta a breve termine. Ma adesso che l’isolamento è finito non so bene cosa fare. In tutte le ipotesi che riesco a formulare arrivo alla conclusione che devo stare in Norvegia per un lungo periodo. Sono in buona salute, con mia sorella, abbiamo una casa calda e accogliente e un frigorifero pieno di cibo, la mia famiglia in Sardegna sta bene, siamo al sicuro, almeno per ora, e di tutto questo sono grata.